Conversione in legge del DL Liquidità (D.L. 23/2020) – Norma su responsabilità da Covid-19
Si segnala la previsione inserita all’art. 29-bis recante “obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19”
Nella Gazzetta
Ufficiale n. 143 del 6 giugno 2020, è stata pubblicata la Legge
n. 40/2020 di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 23/2020 (c.d. “Decreto
Liquidità”), recante: «Misure urgenti in
materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di
poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute
e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali».
Tra le modifiche apportate in fase di
conversione, si segnala, per quanto di interesse, la previsione inserita
all’art. 29-bis recante “obblighi dei
datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19”.
In particolare, all’articolo suddetto, è
stato previsto, in linea con quanto richiesto dall’ANCE, che “Ai fini della tutela contro il rischio di
contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono
all’obbligo di cui all’articolo 2087[1] del codice civile mediante l’applicazione
delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle
misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli
ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti
sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e
linee guida di cui all’articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020,
n. 33, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste.
Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure
contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni
sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
Tale disposizione fornisce un chiarimento
importante rispetto a quanto previsto dall’art. 42 del D.L. n. 18/2020 (Decreto
c.d. “Cura Italia”), convertito dalla L. n. 27/2020, ossia che “Nei casi accertati di infezione da
coronavirus (SARS-CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige
il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all'INAIL che
assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela
dell'infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da
coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di
quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell'infortunato con la
conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano
sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione
dell'oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli
articoli 19 e seguenti dell'allegato 2 al decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali del 27 febbraio 2019, recante «Modalità per
l'applicazione delle tariffe 2019». La presente disposizione si applica ai
datori di lavoro pubblici e privati”.
La suddetta previsione di cui all’art. 42,
come noto (vd. Nota di commento ANCE allegata alla notizia N. 110 del 19/03/2020 di
“Linea Diretta”), aveva destato notevoli preoccupazioni, non solo in
ordine alla qualificazione del COVID come infortunio sul lavoro, nonostante la
sua natura di rischio generico, ma soprattutto con riferimento alle possibili
conseguenze ai fini della responsabilità penale e civile in capo al datore di
lavoro.
Con la previsione introdotta all’art. 29-bis
in fase di conversione del D.L. n. 23/2020, invece, vengono meglio circoscritti
gli obblighi e le conseguenti responsabilità dei datori di lavoro per la tutela
contro il rischio di contagio da COVID-19.
Sul tema si allega altresì la Circolare
della Confindustria dell’8 giugno u.s.
[1] Art. 2087 C.C.: “l’imprenditore
è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la
particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare
l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
AI.mb